Il governo ha reso più facile per i rivenditori stranieri fare affari nelle Filippine abbassando il requisito di capitale versato e rimuovendo alcune qualifiche per la loro attività nel Paese, scrivono i media locali. Il presidente Duterte ha firmato una norma che modifica il Retail Trade Liberalization Act del 2000 per consentire ai rivenditori stranieri di operare nel paese con un capitale minimo versato di soli 25 milioni di pesos (circa 430.000 euro), in calo rispetto ai 125 milioni originali (2,1 milioni di euro).

La legge ha anche rimosso l’obbligo per i rivenditori stranieri di avere un track record di cinque anni nella vendita al dettaglio, un patrimonio netto minimo tra i 50 e i 200 milioni di dollari per la loro società madre, e cinque filiali di vendita al dettaglio o franchising in funzione in qualsiasi parte del mondo.

I rivenditori esteri che hanno più di un negozio fisico ora devono investire solo un minimo di 10 milioni pesos per negozio (172.000 euro). In precedenza, l’investimento richiesto per la creazione di un negozio non doveva essere inferiore 41,5 milioni di pesos (715.000 euro).

In base alla legge rivista, tuttavia, i rivenditori stranieri possono operare nelle Filippine solo se il loro paese di origine non vieta l’ingresso di rivenditori filippini. I rivenditori stranieri potranno anche assumere expat solo se viene stabilito che non ci sono “cittadini filippini competenti, disponibili e capaci” disponibili ad accettare il lavoro. La violazione della legge comporterà una pena detentiva da quattro a sei anni e multe che vanno da P1 milione a P5 milioni.

Il dipartimento del Commercio e dell’Industria, la Securities and exchange Commission e l’Autorità nazionale per l’economia e lo sviluppo sono stati incaricati di rivedere ogni tre anni il capitale minimo versato richiesto per i rivenditori stranieri.

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