Quadro macroeconomico (EGITTO)
Secondo le ultime stime Fondo monetario internazionale (FMI), il Fondo ha stimato la crescita del PIL reale egiziano nel 2022 al 5,9%, ma la crescita potrebbe essere più lenta nel 2023, prevedendo si attesti al 4,8% a causa delle ripercussioni negative della guerra in Ucraina che ha duramente colpito il settore turistico del Paese oltre all'aumento dei prezzi alimentari.
Il FMI prevede che l'inflazione egiziana continuerà ad accelerare, raggiungendo l'8,7% nel 2022 e il 14% nel 2023.
Relativamente al previsto accordo di prestito con l'Egitto - Extended Fund Facility -, la missione del FMI di fine giugno 2022 ha completato i colloqui con le autorità egiziane a luglio e l'accordo è in attesa di approvazione dal Consiglio di amministrazione del Fondo. Dal 2016 l'Egitto ha gia' ricevuto dal Fondo 12 miliardi di dollari USA per completare il programma di riforme economiche allora definite.
I dati sul conto delle partite correnti evidenziano come il deficit abbia raggiunto i $ 5,1 mld nel Q2 2021, in aumento di $ 1,3 mld rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Tale risultato porta a $ 18,4 mld il totale sull’anno fiscale, pari al 4,6% del PIL. Vi sono taluni segnali incoraggianti: le esportazioni sono aumentate del 50% su base annua nel Q2; le rimesse si sono attestate sugli $ 8 mld nel trimestre e sui $ 31 mld nell’anno; vi sono altresì segnali di ripresa nei proventi del turismo, che hanno raggiunto $ 1,8 mld nel Q2 (pari al 55% dei livelli prepandemici). Ciononostante, traspare lo squilibrio dei conti con l’estero, alimentato in larga misura dalla domanda d’importazioni che è continuata a crescere, portando l’esborso complessivo nel Q2 ad aumentare di oltre il 40% su base annua. Tale aumento ha più che compensato gli afflussi (commerciali e non) e, verosimilmente, riflette sia la ripresa della domanda interna sia il protratto apprezzamento della lira egiziana.
I risultati positivi in termini reali della valuta locale rendono probabile il perdurare delle pressioni sulla bilancia commerciale, rimarcando di converso l’importanza sistemica delle rimesse e della ripresa del turismo. Tutto ciò risulta particolarmente rilevante tenuto conto del fatto che il conto finanziario ha registrato IDE per soli $ 400 mln nel Q2 2021 (0,4% del PIL). Per contro, il deficit del conto delle partite correnti è stato bilanciato dagli afflussi di portafoglio, cresciuti fino a raggiungere nel Q2 la soglia di $ 18,7 mld su base annua. Nel valutare quello che è il miglior risultato finora realizzato, occorre considerare le particolari condizioni che l’hanno reso possibile; segnatamente i) l’alto livello del debito in lire egiziane detenuto da non residenti e ii) la marcata reattività dei capitali diretti verso gli asset egiziani al mutare della propensione al rischio.
Le banche commerciali hanno contribuito a finanziare il ridetto gap: la loro posizione sull’estero è andata deteriorandosi registrando una contrazione degli asset per $ 5 mld nell’a.f. 2020/2021 ed un aumento delle liability per $ 1,5 mld (in parte compensando il rimborso di un deposito saudita da $ 2 mld). La ridotta capacità delle banche di gestire un’eventuale nuova fuga di capitali dal mercato del debito interno potrebbe tradursi in una più marcata pressione sul tasso di cambio. Anche se le riserve della CBE sono rimaste elevate attestandosi sui $ 49 mld, la copertura che esse offrono dell’aggregato monetario ampio è scesa al di sotto della soglia del 20%.
Sin dall’avvio del programma di stabilizzazione macroeconomica del FMI (2016-2019), il miglioramento del livello di fiducia degli investitori ha consentito all’Egitto di rivedere la composizione delle proprie fonti di finanziamento in favore del debito estero (più che raddoppiato rispetto al 2016, attestandosi a $ 137 mld nel Q2 2021). Il basso livello d’indebitamento estero ha giocato un ruolo chiave all’inizio del programma di riforme, consentendo all’Egitto di mobilitare rapidamente risorse estere ed al contempo limitando gli effetti della svalutazione della lira egiziana. La situazione oggi è mutata in ragione della più massiccia presenza d’investitori esteri, del rallentamento della spinta riformista, dell’assenza di un nuovo programma del Fondo e del protrarsi dello shock postpandemico.
Fonte: