L'Islanda è un Paese aperto agli scambi con il resto del mondo e dotato di un sistema legale efficiente e in grado di assicurare un'adeguata protezione dei diritti commerciali ed intellettuali. Essendo una piccola economia, e potendo contare su una gamma limitata di risorse naturali, il commercio con l'estero riveste un ruolo importante per il Paese. In questo contesto, l'Unione Europea rappresenta il primo mercato di destinazione dell'export islandese e il suo maggiore fornitore. A partire dal 1° gennaio 2017 l'Islanda ha rimosso i dazi doganali su tutti i prodotti non agricoli. Le aliquote sui prodotti agricoli sono invece passate dal 28,6% del 2012 al 23,9% del 2022, anche se quelle applicate a carne, prodotti lattiero-caseari, piante e fiori possono rappresentare un grosso ostacolo per gli esportatori stranieri. Di particolare importanza ai fini della crescita delle vendite italiane ed europee su questo mercato sono gli accordi commerciali tra la UE e l'Islanda. Entrati in vigore nel maggio 2018, essi hanno stabilito un maggiore accesso ai reciproci mercati e una maggiore protezione per le produzioni agroalimentari. Gli accordi hanno allargato l'accesso dei prodotti europei in Islanda dal 66,4% ad oltre il 95%, e garantiscono la protezione di 1.150 indicazioni geografiche. È altresì da segnalare che negli ultimi anni sono stati attuati diversi progetti per migliorare le procedure doganali, inclusa l'introduzione di un sistema di gestione dei rischi e di un sistema di controllo della qualità.

Il Paese gode di uno dei più alti indici di libertà economica al mondo e la presenza dello Stato si sostanzia principalmente nella vendita al dettaglio di alcolici e tabacchi, che è effettuata in regime di monopolio tramite l'azienda pubblica ATVR, che gestisce una rete di 55 negozi (Vínbúðin), presso i quali si concentrano circa il 70% degli acquisti dei consumatori. Di grande importanza è stata infine la progressiva abolizione delle restrizioni temporanee su alcuni tipi di trasferimenti di capitale transfrontalieri e sulle operazioni in valuta estera, introdotte in seguito al crollo del settore bancario del 2008, con effetti favorevoli sugli scambi e sugli investimenti esteri, che a partire dal 2011 hanno contribuito al rilancio dell'economia.